Fratelli d’Italia, Lega, Italia Viva non hanno dubbi di sorta. Fosse per loro, abolirebbero oggi stesso il reddito di cittadinanza. A difenderlo, nonostante le evidenti difficoltà della fase attiva di ricerca lavoro, ci sono M5S, Pd, Leu: gli scenari.
Cosa succederà al reddito di cittadinanza nella prossima legislatura? Cosa ne pensano della misura simbolo di questi anni i partiti che hanno più chance di andare al governo? Se vince la destra, il sussidio rischia di saltare? Tante domande, a cui è difficile dare risposte certe. In primis, va detto che rinunciare al reddito di cittadinanza dall’oggi al domani non è nell’ordine delle cose. Non accadrà, non subito almeno. Nei primi 36 mesi di applicazione, tra aprile 2019 e aprile 2022, il Rdc è andato a 2,2 milioni di famiglie per 4,8 milioni di persone. Secondo Istat, senza il Rdc, il Rem e gli altri sussidi Covid avremmo avuto un milione di poveri in più. In tre anni lo Stato ha speso 23 miliardi per il reddito per un importo di 577 euro al mese in media a famiglia, contro i 248 euro della pensione di cittadinanza.
Fratelli d’Italia, Lega, Italia Viva non hanno dubbi di sorta. Fosse per loro, abolirebbero oggi stesso il reddito di cittadinanza. A difenderlo, nonostante le evidenti difficoltà della fase attiva di ricerca lavoro, ci sono M5S, Pd, Leu. Forza Italia spinge per modificarlo radicalmente. Lo scorso anno il reddito di cittadinanza era stato rifinanziato con un altro miliardo in legge di bilancio. Tra qualche mese ne servirà un altro (se non di più) e spetterà al nuovo governo decidere come muoversi. Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia che è in testa nei sondaggi, si è di recente detta pronta ad “abolirlo e usare le risorse per tagliare il cuneo fiscale e non perché vogliamo affamare i poveri, ma perché meglio darli alle aziende disposte ad assumere”. Matteo Salvini (Lega) la vede in modo molto simile: “Il Rdc disincentiva il lavoro eincentiva il lavoro nero. Giriamo quei soldi agli imprenditori per assumere e torniamo ai voucher per gli stagionali”. Oggi come oggi il 20% dei percettori di Rdc lavora con impieghi precari e poco retribuiti. Due terzi sono disabili, minori, persone che non hanno mai lavorato. Chi può lavorare (pochi) non riceve offerte e neanche la revoca dell’assegno, se le rifiuta.
Il programma di Fratelli d’Italia recita quanto segue: “No all’assistenzialismo del reddito di cittadinanza. Aiuto economico concreto a chi è impossibilitato a lavorare per ragioni oggettive: bambini, disabili, ultra sessantenni privi di reddito”. Abolire il sussidio da subito non è però un’opzione realistica. Un sussidio anti-povertà c’è in tutti i Paesi europei, aprire una crisi sociale nel Paese cancellandolo non è nell’interesse di nessun politico, slogan a parte. L’unica certezza è che il reddito sarà al centro della campagna elettorale. Sul reddito di cittadinanza Carlo Calenda è infatti già partito all’attacco: “Basta con Orlando che non fa i decreti attuativi, Draghi ha fatto una riforma che potenzia il ruolo delle agenzie private, che possono formare nuovi lavori – ha detto il leader di Azione – In Italia mancano circa 3.000 saldatori, le agenzie li devono formare, chi rifiuta perde il reddito.
Le riforme si fanno e si attuano, come quella della giustizia. E quando il lavoro non arriva fanno gli spazzini di quartiere, con un’integrazione del reddito”. “Spiace che l`onorevole Calenda continui a dire cose non vere a proposito del reddito di cittadinanza e sull’azione del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Chi dice di voler battere populismo e demagogia non dovrebbe usare gli stessi mezzi”. Lo dichiara via Facebook il ministro Pd del Lavoro Andrea Orlando. “Infatti, le procedure previste dal programma GOL per consentire alle agenzie private di procedere al collocamento dei percettori del reddito di cittadinanza, anche sulla base di incentivi – sottolinea Orlando- sono già in fase di attuazione, nel rispetto dei tempi previsti dal PNRR. Devo questa precisazione al rispetto della verità e a quello di tutte le strutture, a partire da ANPAL, che nonostante difficilissime condizioni di partenza sono riuscite a rispettare la tabella di marcia fissata dal piano”.
Facile immaginare che il Movimento 5 stelle incentrerà gran parte della sua campagna elettorale sulla difesa a oltranza delle “cose buone” fatte nella legislatura 2018-2022: e il Rdc è stata la misura simbolo di questi anni secondo i pentastellati (nonostante abbia mostrato tutti i suoi limiti strutturali quando si è trattato di presentare offerte di lavoro ai percettori), quella da sbandierare per puntare a quel 15-.20 per cento nei sondaggi che sembra essere l’obiettivo massimo. E parlare di reddito di cittadinanza per tutta la campagna elettorale sarà per Giuseppe Conte la strategia più facile (e scontata) per mettere in difficoltà chi anche dentro al mondo di centrosinistra si chiede se l’alleanza con Renzi, Brunetta e Calenda sia compatibile con il Pd. Il M5S riproporrà i suoi cavalli di battaglia del salario minimo, la difesa del reddito di cittadinanza e l’ambientalismo. Il Pd riproporrà anch’esso il salario minimo, la riduzione delle tasse sul lavoro, lo ius scholae, ma la sensazione è che non ci sia interesse da parte di Enrico Letta a fare eccessivi riferimenti al sussidio in campagna elettorale: sarebbe un riferimento continuo ed evidente all’alleanza che si sta ormai sfaldando con Il M5s. Viste le premesse, i sondaggi e le alleanze che si stanno formando, è difficile immaginare un M5s ancora al governo nella prossima legislatura. Ciò non significa che il reddito di cittadinanza sarà cancellato, ma è probabile che si vada verso un ripensamento del sistema di proposte di lavoro da accettare entro un determinato lasso di tempo, con requisiti più stringenti rispetto a ora.