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I guai dei tamponi rapidi: “Sei su 10 sono falsi negativi”

Screening di massa? Ne abbiamo parlato con Cristoforo Pomara, professore ordinario di medicina legale dell’Universita di Catania e componente del CTS anticovid.

Sino a sei su dieci possono essere dei falsi negativi

Un numero di peso, un numero che getta pesanti ombre sui tamponi rapidi e sul rischio che questo strumento importante di diagnosi, fornisca una rappresentazione non veritiera della condizione di contagio di molte persone.
Per questo, c’è una strategia, della quale bisogna tenere conto. Ne abbiamo parlato con Cristoforo Pomara, professore ordinario di medicina legale dell’Universita di Catania e componente del comitato tecnico scientifico siciliano per l’emergenza coronavirus.

Cosa sta succedendo?

“Dobbiamo fare chiarezza, durante gli screening di massa si utilizzano tamponi di prima generazione che se non ripetuti con frequenza non possono essere considerati diagnostici. Sono validi dietro consulto e guida medica, quando c’è un soggetto sintomatico, oppure come screening di comunità ben circoscritte ma sempre con il criterio della ripetizione per avere un dato attendibile”.

Cosa vuol dire?

“Il vostro giornale ha reso pubblico il dato che su 148mila tamponi rapidi effettuati nei Drive-in in piazze e fiere e durante i rientri poco meno di cinquemila erano risultati positivi mentre la sicilia viaggiava su una media del 18-20% di indice di contagio: è ovvio che non ci può essere un numero di positivi così basso. Il dato, per essere veritiero, avrebbe avuto bisogno di più riconferme”.

Come bisogna procedere?

“È necessario sottoporsi al tampone rapido ogni 4/7 giorni. In questo modo ha un’alta attendibilità, soprattutto quando conferma la negatività di un contagio. Diversamente gli screening nei drive in, come ci dice la letteratura non hanno senso”.

Autore - Redazione - Roberc

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